La situazione politica in Libia continua ad avere gravi effetti sociali con un numero di migranti, spesso minorenni, preoccupante. Numerosi rapporti delle Nazioni Unite dimostrano che i diritti umani sono violati. Scuola Nazionale Ambiente si oppone al perdurare di tale situazione e richiede al Governo Italiano che il rapporto di cooperazione con la Libia in materia di migrazione sia subordinato all’approvazione da parte del governo libico di misure concrete volte a proteggere i diritti umani dei rifugiati e dei migranti con particolare attenzione per i minori: compiere ogni possibile sforzo affinché la Libia rispetti gli accordi internazionali sottoscritti e ratificati con particolare riferimento alla Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori. Libia memorandum
Ecco quanto riporta la Petizione lanciata da Scuola Nazionale Ambiente al Governo Italiano: Appello messa al bando della armi nucleari
Premesso
- che un numero considerevole dei migranti (e tra loro molti minorenni) che arrivano in Italia partono dalla Libia;
- che, nonostante i ripetuti sforzi a livello internazionale, la situazione politica in Libia continua ad essere disastrosa e che, molto spesso, come dimostrano numerosi rapporti delle Nazioni Unite, in questo Paese, i diritti umani sono violati;
- che, il 2 Febbraio del 2017, il governo italiano ha sottoscritto con il governo libico un “Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana” (si veda pdf (governo.it) );
- che tale accordo seguiva l’istituzione della zona SAR libica, un’ampia area marittima in cui i guardacoste libici avrebbero dovuto essere responsabili del coordinamento delle operazioni di ricerca e soccorso;
- che la durata prevista per il Memorandum d’Intesa sopra citato è fissata in tre anni tacitamente rinnovabili a meno che uno dei due Paesi non abbia comunicato la propria intenzione di recedere (entro il 2 Novembre dell’anno precedente alla scadenza);
- che, proprio in virtù di tale norma, tale accordo è stato già una volta tacitamente rinnovato e che potrebbe essere rinnovato nuovamente nel 2023, a meno che il governo italiano non comunichi al governo libico la propria volontà di non rinnovarlo entro il 2 Novembre p.v.;
- che più volte le Nazioni Unite hanno denunciato “il deterioramento della situazione dei diritti umani” in Libia, dove a fronte di un riconoscimento del “diritto di asilo previsto dall’articolo 10 della Costituzione provvisoria della Libia del 2011, non esiste una legislazione in materia di asilo o procedure di asilo stabilite” (l’ultima a Settembre 2020, come emerge dal rapporto Refworld | UNHCR Position on the Designations of Libya as a Safe Third Country and as a Place of Safety for the Purpose of Disembarkation Following Rescue at Sea);
- che nei 5 anni trascorsi dalla firma del memorandum di intesa tra Italia e Libia sono state documentate numerose violazioni dei diritti umani e abusi ai danni di migranti e rifugiati e la loro detenzione arbitraria a tempo indefinito in condizioni crudeli e inumane;
- che nonostante tutto ciò, proprio in base all’accordo sopra citato, l’Italia continua a fornire supporto materiale e a perseguire politiche migratorie e respingimenti in un paese non “sicuro”;
- che in base all’art. 3 del decreto legge del 27 Ottobre 2011 – Linee guida per l’attuazione dei programmi di rimpatrio volontario e assistito, di cui all’articolo 14-ter, del decreto legislativo 25 Luglio 1998, n.286, introdotto dall’articolo 3, comma 1, lett. e), del decreto-legge 23 Giugno 2011, n.89, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 Agosto 2011, n. 129, il rimpatrio volontario e assistito dovrebbe avvenire a seguito di presentazione da parte del cittadino straniero “alla Prefettura della provincia nella quale si trova di istanza di accesso al programma di rimpatrio volontario e assistito, corredata della documentazione e delle informazioni di cui è in possesso”;
- che con il decreto legge n.113 del 4 Ottobre 2018 (convertito in legge 132 del 1 Dicembre 2018, ha introdotto modifiche ai decreti legislativi 25/2008 e 251/2007 – normative che disciplinano, rispettivamente, le procedure e le qualifiche in materia di protezione internazionale), è stato introdotto nel nostro ordinamento l’istituto del “Paese di origine sicuro”, già previsto dalla Direttiva 2013/32/UE, articolo 36;
- che la Libia non rientra nel novero dei Paesi di origine sicuri, ai sensi dell’articolo 2-bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, riportati nella nota del 2019 a firma congiunta del Ministero degli Affari Esteri, Ministero degli Interni e Ministero della Giustizia (si veda allegato);
- che lo stesso governo italiano, sul sito del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, riconosce che “la fine della guerra a Tripoli e il cessate il fuoco del 23 ottobre 2021 hanno posto fine alle ostilità ma non hanno annullato i rischi per la sicurezza personale. Nel corso del 2022 si sono verificati circoscritti incidenti e scontri tra gruppi armati nella capitale che evidenziano il permanere dell’instabilità”. Inoltre continuano a verificarsi episodi di detenzioni arbitrarie perpetrati da gruppi solo formalmente facenti parte dell’apparato di sicurezza pubblico, ma in realtà legati a milizie svincolate da un reale legame con l’autorità giudiziaria e quella esecutiva” e, pertanto, “ribadisce l’invito ai connazionali a non recarsi in Libia e, a quelli presenti, a lasciare temporaneamente il Paese in ragione della situazione di sicurezza”;
- che le norme comunitarie sui rimpatri (direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, 16 Dicembre 2008) dovrebbero privilegiare i rimpatri volontari, ovvero quelli in cui le persone hanno la possibilità di lasciare l’UE di propria iniziativa, rispetto a quelli forzati;
- che, nonostante ciò, secondo i dati di Frontex, nel 2020 solo il 59% dei rimpatri è stato volontario;
Ciò premesso si chiede al Governo Italiano Libia memorandum
- di cessare il perdurare di tale situazione;
- di attivarsi tempestivamente affinché il Memorandum di Intesa tra Italia e Libia sopra citato non venga rinnovato tacitamente, ma anzi venga immediatamente cancellato;
- di interrompere qualsiasi forma di assistenza alle forze libiche che potrebbe favorire la cattura e il contenimento di persone in situazioni di abuso;
- che a partire da oggi qualsiasi rapporto di cooperazione con la Libia in materia di migrazione sia subordinato all’approvazione da parte del governo libico di misure concrete volte a proteggere i diritti umani dei rifugiati e dei migranti con particolare attenzione per i minori;
- di compiere ogni possibile sforzo affinché la Libia rispetti gli accordi internazionali sottoscritti e ratificati con particolare riferimento alla Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (ratificata dal governo libico il 18 Giugno 2004), della Convenzione sui Diritti del Fanciullo (ratificata il 15 Aprile 1993) e del Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati (ratificato il 29 Ottobre 2004);
- di attivare e chiedere all’Unione europea e ai suoi Stati membri di sospendere ogni forma di cooperazione che possa consentire in ogni modo che migranti e rifugiati (e in particolare i minori) provenienti da altri paesi vengano trattenuti in Libia.
Catania, 23.10.2022
Scuola Nazionale Ambiente di Movimento Azzurro
Se vuoi aderire alla petizione scarica il documento al seguente link, sottoscrivilo, e invialo a info@scuolanazionaleambiente.com