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giovedì, Novembre 21, 2024

Batteri mangiaplastica, amici contro il drammatico accumulo di materiale plastico grave fonte di inquinamento ambientale

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Oggi si parla in termini sempre più preoccupanti della reale e grave minaccia che l’enorme e crescente accumulo di materiale plastico rappresenta per l’ambiente, terrestre e marino. isole plastica accumulo isole plastica accumulo

La plastica fonte di inquinamento ambientale

In verità, in questo periodo in Italia l’uso della plastica è balzata agli onori della cronaca: purtroppo se ne è parlato a causa della paventata tassa, immaginata più per rimpinguare le casse dello Stato che per una consapevole preoccupazione dei nostri governanti per le drammatiche conseguenze dell’inquinamento ambientale causato da questo materiale. isole plastica accumulo

Stiamo parlando in particolare del PET – per gli esperti polietilene tereftalato – prodotto derivato per il 90 per cento dal petrolio con il quale si fabbricano confezioni monouso, soprattutto bottiglie e contenitori per cibi e bevande, ma anche etichette, involucri per batterie, tubi e pellicole.

Va ricordato che il PET è una delle plastiche più diffuse al mondo con una produzione annuale che supera i 50 milioni di tonnellate e, nonostante sia in circolazione in grandi quantità da poco più di 50 anni, è anche una delle principali fonti di inquinamento ambientale, in particolare dei fiumi e dei mari. isole plastica accumulo

Di questa enorme quantità di rifiuti plastici, solo una minima percentuale, circa il 15%, viene separata e avviata ai processi di riciclaggio. Il resto della plastica prodotta viene abbandonata nell’ambiente terrestre, mentre una quantità enorme, tra 5 e 13 milioni, finisce nei mari e negli oceani. E’ stato calcolato che nelle acque del Mar Mediterraneo ogni anno vengono riversate quasi 600 mila tonnellate di rifiuti plastici.

Dal punto di vista della qualità dell’ambiente, terrestre e marino, il fenomeno è molto grave perché la plastica è altamente inquinante considerata la sua particolare resistenza al processo di biodegradazione, cioè di distruzione da parte di agenti biologici: da 100 a 1000 ed anche più anni!

Isole di plastica

É proprio i lunghissimi tempi necessari per il completo processo di biodegradazione dei rifiuti plastici abbandonati in natura e finiti in mare, che a partire dagli anni ’80 hanno dato origine alla formazione di enormi isole di plastica che galleggiano negli oceani.

Le isole di plastica sono enormi ammassi di rifiuti che si estendono complessivamente per decine di milioni di chilometri quadrati; ormai costituiscono una bomba ambientale sempre più potente i cui effetti si ripercuotono inevitabilmente anche sull’uomo. isole plastica accumulo

Basti pensare alle cosiddette isole di immondizia che hanno conquistato tutti gli oceani del nostro pianeta; dal nord dell’Oceano Pacifico dove la Great Pacific Garbage Patch, occupa già un’area di dimensioni simili a quelle della Penisola Iberica, o addirittura maggiori di tutti gli Stati Uniti nella peggiore delle previsioni; ed ancora alla North Atlantic Garbage Patch, famosa per la densità di rifiuti al proprio interno, stimata in oltre 200mila detriti per chilometro quadrato.

Anche nell’Oceano Indiano e nel Mare di Barents si stanno formando enormi ammassi di rifiuti. Ma non basta. Stando alle stime degli esperti, lo scenario è destinato a peggiorare ulteriormente; si calcola che la quantità di plastica nei nostri mari potrebbe aumentare di dieci volte entro il 2025 se non si interverrà in tempi rapidi per migliorare lo smaltimento dei rifiuti nelle zone costiere e adottare sistemi di riciclo più efficienti. isole plastica accumulo

É certamente innegabile che la plastica ha cambiato il mondo, ma la sua gestione, specie nella fase finale del suo ciclo, ha devastato il pianeta e messo in crisi i fragili equilibri dei suoi ecosistemi.

Nel mare, la plastica costituisce una grave minaccia per gli abitanti del mondo sottomarino: spezzettata dagli agenti atmosferici in particelle micrometriche – la cosiddetta microplastica – viene facilmente ingerita dal plancton, da dove si diffonde poi al resto del pianeta.

Speranze per il nostro futuro?

Continueremo nella nostra folle ed autolesionista irresponsabilità del consumismo più sfrenato e affogheremo assieme al nostro pianeta nella plastica e nei rifiuti?

Ideonella sakaiensisUna buona notizia che accende le nostre speranze di migliorare la salute dei nostri oceani ci viene dal Giappone ove alcuni scienziati hanno scoperto che un batterio, il cui nome scientifico è Ideonella sakaiensis, è particolarmente ghiotto di PET.

Questo batterio utilizza come fonte di alimento la plastica, che riesce a digerire mediante l’azione chimica di soli due enzimi in grado di degradare polimeri plastici: in precedenza, erano note solo alcune specie di funghi con queste capacità. Inoltre, è anche confortante sapere che i poliesteri, cioè il gruppo di sostanze chimiche cui appartiene il PET, esistono anche in natura ove costituiscono il rivestimento protettivo di alcune foglie e che diverse specie di batteri da milioni di anni vivono nutrendosi di questi composti.

Gli esperti ritengono che il batterio, nonostante il processo biochimico di degradazione del PET richieda un tempo piuttosto lungo, dell’ordine delle settimane, abbia potenziali utilizzi all’interno del complessivo ciclo di gestione dei rifiuti ed in particolare nel riciclaggio della plastica, in un’ottica di economia circolare. isole plastica accumul

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